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Amarone, il segreto di un Recioto amaro nato per errore

Amarone, il segreto di un Recioto amaro nato per errore
  14 Gennaio 2019

Esistono eventi del tutto casuali che rivelano grandi scoperte. Per descrivere questo fenomeno esiste addirittura una parola specifica: la serendipità, un termine coniato nel diciottesimo secolo dallo scrittore Horace Walpole.

La scoperta dell’Amarone, re indiscusso dei vini della Valpolicella e considerato uno tra i rossi migliori al mondo, è proprio uno di questi eventi. Verrebbe da pensare che un vino così strutturato, con una preparazione complessa e al giorno d’oggi così elaborata (tanto che ogni cantina conserva gelosamente i propri segreti), sia il frutto di una lunga tradizione sviluppata nell’arco di secoli.

Nulla di più sbagliato. L’Amarone è una fortunatissima serie di eventi, che hanno portato a un risultato unico e all’inizio anche un po’ deludente: il primissimo Amarone, infatti, era assai distante dal meraviglioso vino di oggi che ha saputo conquistare il mondo intero.
Per raccontare questa storia dobbiamo risalire un po’ indietro nel tempo: la Valpolicella infatti ha una lunghissima tradizione vitivinicola – risalente addirittura all’epoca romana – e il suo prodotto tradizionale era il Recioto, un vino molto dolce prodotto con le uve appassite delle varietà locali corvina, corvinone molinara e rondinella secondo una tecnica conosciuta fin dal ‘500.

L’Amarone invece, è nato solo settant’anni fa, e la sua origine è quasi avvolta nel mito. La storia vuole che un cantiniere della Cantina Sociale di Negrar, tale Adelino Lucchese, si fosse dimenticato una botte di Recioto in fermentazione e che, ricordatosi di controllare, avesse assaggiato il vino. La seconda fermentazione aveva consumato tutti gli zuccheri rimasti del dolce Recioto e l’aveva trasformato in un vino amaro e secco, tanto che sembra che il nome nasca proprio dalla famosa frase di Adelino, che all’assaggio ha esclamato: “questo non è amaro, è amaron!”.

Verità o una storia popolare? Non tutte le cantine sono d’accordo con questa simpatica versione della storia, e la vera nascita potrebbe essere legata invece alla ben più triste presenza tedesca sul territorio veronese durante la seconda guerra mondiale.
I tedeschi erano soliti saccheggiare e servirsi delle riserve e delle provviste delle famiglie contadine del territorio che, stufe delle continue ruberie degli invasori, si organizzavano nascondendo cibo e vino per difenderlo dalle razzie. Capitava così che qualche botticella di Recioto venisse dimenticata o non ci fosse la possibilità di andarne a controllare la fermentazione, che proseguiva indisturbata proprio come nella storia di Adelino Lucchese. Questo vino veniva chiamato recioto scapà, ovvero “scappato” al controllo del cantiniere.
Quale che sia la verità, è stata l’intelligenza dei vignaioli veronesi a trasformare un vero e proprio errore di produzione in un vino apprezzatissimo in tutto il mondo: il recioto scapà, infatti, non era buono da bere, ma l’intelligenza contadina ne ha intuito il potenziale. In quelle botti dimenticate di vino secco e amaro c’era l’inizio di una storia di successo.

Oggi, nel processo di vinificazione dell’Amarone, nulla è lasciato al caso. Dalla raccolta dei grappoli migliori alla selezione e all’appassimento sulle arele, fino alla fermentazione e al riposo, la produzione del re della Valpolicella è regolata da un disciplinare molto rigido il cui scopo è di mantenere il prodotto a livelli sempre eccellenti e ogni cantina conserva gelosamente i propri trucchi e segreti che rendono unico il proprio Amarone.

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